MOROSITÀ: LA CESSIONE DEL CREDITO


Condominio - in genere
Condominio - in genere
L'amministratore di condominio – anche senza la preventiva approvazione dell’assemblea, secondo l’opinione dominante – può decidere liberamente di cedere a terzi un credito vantato dal condominio verso il condomino moroso. La cessione, come stabilito dall'art. 1260 c.c., può avvenire "anche senza il consenso del debitore" e quindi soltanto in forza all'accordo tra cedente, ossia condominio, e cessionario, ad esempio la ditta che ha eseguito i lavori di manutenzione nello stabile.
La cessione del credito, nonostante sia scarsamente utilizzata in condominio, è quindi consentita dalla legge, a patto che non sussistano i divieti previsti dall'art. 1261 c.c. Peraltro, pur essendo tecnicamente consentita la cessione pro-solvendo – con il cedente che risponde dell'inadempienza del debitore – in condominio deve preferirsi la formula della cessione pro-soluto, dove il cedente, vale a dire il condominio, garantisce solamente l'esistenza del credito e non risponde anche dell'eventuale insolvibilità del debitore.
Sulla questione rileva ancora una volta la storica sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione 9148/2008, che ha sancito il principio della parziarietà delle obbligazioni dei condomini nei confronti di terzi. Se in passato il creditore aveva il diritto di rivalersi su uno qualsiasi dei condomini (indipendentemente dal debito riscontrato da ciascuno di essi), uniti fra loro da un rapporto di solidarietà, dopo la decisione della Suprema Corte è possibile citare in giudizio esclusivamente i condomini morosi. Il nuovo creditore, dopo avere ottenuto un decreto ingiuntivo o una sentenza con efficacia esecutiva nei confronti del condominio, agisce quindi solo nei confronti di coloro che non hanno pagato. Un meccanismo che, se da un lato premia i condomini in regola, dall'altro rende lungo e difficoltoso il recupero dei crediti alle parti terze. Accade così che per aggirare l'ostacolo, alcuni inseriscano nei contratti d'appalto la clausola per la quale agli effetti della solidarietà passiva «le parti possono inserire convenzioni limitative della parzialità» (Cassazione 21 luglio 2009, n. 16920).
Si tenga incidentalmente presente che, limitatamente alle spese di recupero sostenute nel 2016, la legge di stabilità, ha previsto – per i pensionati e soggetti con redditi incapienti compresi i condomini – la possibilità di optare per la cessione del corrispondente credito verso l’erario (al posto della detrazione da esercitarsi in dichiarazione dei redditi), a favore dei fornitori che hanno eseguito gli interventi di recupero.
Ciò a parte, con l'entrata in vigore della legge di riforma del condominio 220/2012, le cose sono cambiate ancora. La norma, pur confermando il principio della parziarietà, con il riformato art. 63 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, consente ai creditori di rivalersi nuovamente sui condomini virtuosi, ma solo in seconda battuta, ovvero dopo avere agito nei confronti dei morosi e non avere ottenuto nulla, configurandosi così il cosiddetto "beneficio di escussione". Quella dei creditori può essere definita un'azione "surrogatoria", nel senso che si configura soltanto in caso di mancato intervento dell'amministratore, il quale, salvo essere espressamente dispensato dall'assemblea, "è tenuto ad agire per la riscossione forzata delle somme dovute dagli obbligati, entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso", attraverso un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, che non necessita dell'approvazione dell'assemblea.
Lo stesso amministratore ha il compito di comunicare ai creditori che ne avanzino richiesta i dati (nomi e quote millesimali) dei condomini insolventi e, qualora la mora nel pagamento dei contributi si protragga per un semestre, può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.