SFRATTO PER MOROSITÀ: RIGETTATO SE L'INQUILINO HA IL DIRITTO DI USUFRUTTO DELL'IMMOBILE


Locazioni - sfratti
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Il tribunale di Milano ha rigettato la richiesta di sfratto per morosità avanzata dal proprietario di un'immobile nei confronti dell'inquilina, ex convivente del padre nel frattempo deceduto. Il giudice ha accolto le ragioni della donna, che si è opposta alla richiesta sostenendo che il proprietario aveva assunto l'obbligo di costituire in suo favore il diritto di usufrutto dell'immobile. A ingarbugliare la questione, un contratto di locazione che il padre ha fatto firmare alla donna prima di morire.
Come ha spiegato il Tribunale «i chiamati all’eredità, tra cui l’odierno attore, hanno rinunciato all’eredità patema, ma tale circostanza è del tutto irrilevante in causa, atteso che, prima dell’apertura della successione, il figlio dell'uomo, in quanto nudo proprietario, era già divenuto pieno proprietario dell’immobile a seguito della rinuncia all’usufrutto da parte del padre». E quindi «sebbene l’odierno intimante possa ritenersi subentrato, quale parte locatrice, nel contratto di locazione, deve ritenersi abbia in via preventiva rinunciato alla locazione stessa; infatti, con scrittura privata si era obbligato nei seguenti termini: mi impegno irrevocabilmente per il caso di premorienza di mio padre a costituire usufrutto generale sull’immobile di cui sopra, a favore della signora, a condizione che la stessa sia, in quel momento, convivente con mio padre». Accertato che la donna e il padre, al momento della morte di quest'ultimo, erano conviventi «l’obbligo di costituzione dell’usufrutto, tanto solennemente assunto, implicava sin dall’origine, e ancor più oggi, la rinuncia dell'intimante alla locazione». In ambito familiare si era quindi formato un consenso sul riconoscimento del ruolo di convivente proprio della donna. «Riconoscimento - spiega il giudice - tradottosi nella previsione del diritto, tipico di un coniuge, all’ usufrutto (o all’abitazione) in seguito al decesso dell’altro coniuge». Per quanto riguarda il contratto di locazione formalizzato dal padre dell'intimante, il Tribunale osserva come lo stesso sia « ben poco confacente alla situazione descritta, ma forse dettato dall’intento di creare un titolo che legittimasse nell’immediato l’occupazione dell’immobile da parte della donna e, al contempo, di sottrarre l’immobile ad atti esecutivi dei creditori, rendendolo meno appetibile, in quanto occupato».